venerdì 18 aprile 2008

LA BLOGGER CHE IMBARAZZA OBAMA."ADESSO MI MINACCIANO DI MORTE".HA RIVELATO LA GAFFE SUI"PROVINCIALI DEDITI A PISTOLE E RELIGIONE"

Sono passati cinque giorni da quando «la gaffe» di Barack Obama è diventata pubblica. Ma il sabba mediatico intorno alle sue maldestre considerazioni sui disoccupati della Pennsylvania, che si «aggrappano alle armi e alla religione per trovare sbocco alle loro frustrazioni», è ancora scatenato. E la campagna del senatore dell’Illinois comincia a risentirne: secondo i sondaggi, a meno di una settimana dalle primarie nello Stato di Filadelfia, il recupero di Obama su Hillary Clinton si sarebbe fermato, con l’ex first-lady in vantaggio 50 a 44, stesso dato della rilevazione precedente. Detto altrimenti, «la gaffe» ha imposto l’ennesima torsione alla battaglia democratica, mettendo il favorito sulla difensiva. Probabilmente non riuscirà a privarlo della nomination, ma se qualcosa di drammatico e imprevisto dovesse accadere, Barack Obama sa già adesso chi dovrà «ringraziare » per questo boccone avvelenato.
Si chiama Mayhill Fowler, ha 61 anni ed è una «citizen journalist», uno di quei giornalisti per diletto che stanno facendo la fortuna dei blog. E’ stata lei a scrivere per l’Huffington Post, il sito web della sinistra intellettuale, il reportage sul «fund raiser», la cena per raccogliere fondi a San Francisco, dove Obama si è lasciato scappare il commento incriminato. L’ironia è che Fowler è anche fan di Barack e ha donato alla campagna il massimo consentito di 2.300 dollari. Prima di venerdì scorso, nessuna delle sue storie aveva suscitato particolare attenzione. Ma da quel momento, Mayhill, che ha scoperto la vocazione del reporter politico a 50 anni, è diventata famosa suo malgrado: accanto a pochi messaggi di congratulazioni, la sua posta è stata ingolfata da centinaia di email di insulti, comprese alcune minacce di morte, inviate dai fanatici di Obama, che l’accusano di aver volutamente danneggiato il senatore con metodi disonesti.
La Fowler s’è infatti intrufolata nel fund-raiser, nonostante fosse chiuso alla stampa, grazie all’aiuto di un responsabile della campagna suo amico al quale ha chiesto un invito, vantando il suo appoggio al candidato. Una volta dentro, ha registrato tutto il discorso del senatore. «Quella frase mi ha disturbata, l’ho trovata molto elitaria », ha raccontato al Los Angeles Times. Ma ha esitato prima di scriverla. Ne ha parlato con l’editor dell’Huffington Post, che coordina il lavoro dei citizen journalist: «Se fai questo mestiere, non puoi favorire un candidato su un altro», le è stato detto. Ci ha pensato un po’, poi si è decisa: «Ho mandato la storia, cercando di non perdere tutto il contesto». Ma il prezzo che sta pagando le sembra piuttosto alto: «E’ come se tutta la blogosfera progressista abbia messo una fatwa su di me». Il suo caso è l’ultima dimostrazione di come stia cambiando il giornalismo politico nell’era dell’Internet, grazie o per colpa (a seconda dei punti di vista) dei citizen journalist: «Stiamo entrando in un nuovo territorio, dove le regole su cosa si possa riportare e cosa no, non sono più chiare», dice Larry Prior della University of South Carolina.

(DA CORRIERE.IT)

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