martedì 13 maggio 2008

SUDAN E CIAD VICINI ALLA GUERRA

Chiusura delle frontiere e rottura dei rapporti diplomatici, economici e culturali. Da ieri, in Ciad è vietato anche ascoltare la musica proveniente dal vicino Sudan. Con questa mossa il governo di N'Djamena ha reagito alla decisione, presa dal Khartoum, di interrompere i rapporti diplomatici a séguito dell'attacco dei ribelli darfurini a Omdurman, alle porte della capitale, lo scorso sabato. I due Paesi africani non sono mai stati così vicini alla guerra.
Quella scoppiata sabato scorso poteva essere l'ennesima grana diplomatica tra Ciad e Sudan, che da anni si accusano a vicenda di sostenere i rispettivi gruppi armati. Finora, le crisi si concludevano puntualmente con la firma di un trattato di pace (ne sono stati siglati sei finora, tutti disattesi), in cui i due stati si impegnavano a garantire la sovranità reciproca. Stavolta, però, l'attacco che i ribelli del Justice and Equality Movement hanno portato al cuore del potere sudanese, traversando 600 km di deserto per sferrare l'offensiva alla capitale, ha cambiato le carte in tavola. In cinque anni di guerra, mai i ribelli si erano spinti così in avanti rispetto al loro raggio di azione, limitato al Darfur e alle regioni limitrofe. E le dichiarazioni del leader del Jem, Khalil Ibrahim, che ieri aveva annunciato l'inizio di una lunga offensiva contro Khartoum, hanno ulteriormente innervosito il governo sudanese, che non ha tardato a rispondere.
Da sabato, migliaia di truppe sono state schierate per le strade di Khartoum, mentre i posti di blocco militari sulle strade che portano al confine con il Ciad sono spuntati come funghi. Almeno 300 persone sarebbero state arrestate, tra le quali l'islamista Hassan al-Turabi, un tempo grande alleato del presidente Hassan Omar al-Bashir ma ora leader del National Popular Congress, all'opposizione. Il fatto che al-Turabi, sospettato di legami con il Jem mai confermati, sia stato rilasciato dopo circa quattro ore di interrogatorio, non significa che la stretta del governo si sia allentata, anzi. L'esercito ha condotto perquisizioni casa per casa nel tentativo di scovare i ribelli rimasti a Omdurman, la città che fronteggia Khartoum, sull'altra sponda del Nilo.
Difficile fare previsioni sulle operazioni belliche: se l'offensiva del Jem ha lasciato di stucco tutti, molti analisti dubitano che il gruppo abbia le capacità per sostenere un'operazione di lunga durata in territorio ostile, e ritengono che Ibrahim abbia fatto il passo più lungo della gamba. Fonti locali hanno riferito di una gran quantità di armamenti giunti dal vicino Ciad nelle ultime settimane, cosa che avrebbe permesso ai ribelli di organizzare l'attacco. Una visione condivisa a Khartoum, il cui governo ritiene che mai il Jem avrebbe potuto spingersi così in avanti senza l'aiuto di N'Djamena. Il presidente ciadiano Idriss Deby si sarebbe così voluto vendicare dell'attacco, portato lo scorso febbraio dai ribelli ciadiani al palazzo presidenziale di N'Djamena, e che si ritiene sia stato sponsorizzato da Khartoum. La retorica infiammata che ha sempre caratterizzato i rapporti diplomatici tra i due Paesi potrebbe far pensare all'ennesima “crisi controllata”. Ma stavolta, forse, il quadro è un po' più fosco.

(da peacereporter.net)

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