«Esistono due Rome, lo prova questa tragedia. C’è una Roma in cui gira molta cocaina, eccitata al punto da far crollare ogni freno inibitorio, che obbedisce a un sentire comune: vivere male i limiti al desiderio di agitazione. Ed è quella del ragazzo alla guida della Mercedes. Poi c’è una Roma appassionata dei grandi eventi di cinema e teatro e magari frequenta l’Auditorium o fa parte delle masse pacifiche che popolano le serate collettive. Ed è la Roma della ragazza morta, della sua famiglia che ne dona gli organi....». Giancarlo De Cataldo, magistrato, sceneggiatore e romanziere vive a Roma da 34 anni (la Capitale è lo sfondo per esempio di best seller come Romanzo criminale, Nelle mani giuste, Teneri assassini). E ha un’idea molto precisa della città.
Parliamo di questa «doppia Roma », De Cataldo...
«Da un anno assistiamo a un fenomeno stranissimo. Quella stessa Roma che prima era una città invidiata nel mondo, ora sembra una Beirut sotto i bombardamenti. Effetti di una propaganda ingiustificata. La verità è che Roma, come tante città, ha molti problemi. Per esempio la cocaina che gira».
Perché attribuisce a quella sostanza tanto peso sociale?
«Perché ne gira tanta, a basso costo, quindi diventa un fenomeno trasversale. Ed è assurdo che ci si preoccupi tanto di qualche canna fumata nei licei mentre non si arriva a una adeguata condanna collettiva della vera droga di oggi, quella dell’efficienza, della velocità, del sesso facile. Come ho detto: della fine dei freni inibitori. Attenzione: non è solo un fenomeno romano. Ma qui parliamo di Roma...».
Lei ha descritto un «sentire comune » molto pericoloso. Quale?
«La Roma impermeabile alla cultura, mugugna sul traffico e risolve il problema comprando il macchinone o il Suv che, direbbe Freud, sembra il prolungamento del proprio fallo. Non è solo noia. Proprio l’assenza della condanna sociale porta a sentirsi incoraggiati a seguire modelli precisi suggeriti dal "sentire comune". Rivestire i panni del giustiziere della notte, per esempio. Il voler avere ragione sempre e comunque. O mettersi a correre come un pazzo di notte».
L’identikit del ragazzo al volante è perfetto: senza patente, ultras del calcio ma col divieto di frequentare gli stadi...
«Troppo facile tranciare giudizi su una singola persona. E sarebbe riduttivo. Insisto. Qui c’è un problema sociale sul cattivo controllo degli impulsi alimentato da una "cultura" che è esattamente l’opposto del permissivismo. Abbiamo una società ufficialmente repressiva e proibizionista. Poi c’è un consenso "culturale" per la tolleranza verso queste trasgressioni, come il fenomeno dello schizzato al volante che poi ti ammazza due ragazzi tranquilli, non si ferma ».
Vorrebbe dare qualche consiglio al nuovo sindaco Alemanno per affrontare questa situazione della doppia Roma?
«Non offro consigli alla politica. Da magistrato applico la legge. Da scrittore osservo la mia città e la racconto».
Cosa può accadere in prospettiva a Roma?
«Vedo un pericolo molto serio e concreto. Che la Roma cupa prenda il sopravvento sull’altra. Che cioè si torni alla situazione precedente al 1977 quando l’Estate Romana di Renato Nicolini felicemente ruppe la cappa di paura e di silenzio che gravava su una città dilaniata dagli anni di piombo. A prescindere da chi governa Roma e al riparo da ogni retorica, credo si debba ritrovare l’orgoglio di essere cittadini romani e tutelare questo patrimonio culturale. Altrimenti l’orgoglio può tristemente declinarsi in depressione».
(da corriere.it)
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